In morte di un assassino (Monica Lanfranco)
E' morto, ammazzato, come era quasi certo. Con lui si chiude una fase, con
lui si sotterrano informazioni forse fondamentali per la lotta al terrorismo
e segreti che mai saranno rivelati, e si aprono nuovi scenari, difficilmente
esenti da altro sangue.
Giustamente sul blog di Repubblica Zucconi titola il 'La testa del
serpente', e il pezzo si conclude considerando che facile è uccidere un
uomo, più difficile far morire le idee che ne hanno armato la mano
assassina, pronta ora a trasferirsi in altre mani, altri corpi trasformati
in esplosivi di sangue, carne e bulloni, a continuare la catena del sangue,
della vendetta spacciata per giustizia.
Guardo le immagini dei festeggiamenti negli Usa, quei vigili del fuoco, così
dolorosamente e coraggiosamente protagonisti nei giorni dopo l'11 settembre:
vedo facce di uomini giovani e meno giovani, che levano le braccia e fanno
il segno della vittoria; cartelli che ringraziano dio, scritte che dicono
che 'giustiza è fatta', finalmente.
Vedo la foto del volto tumefatto di quello che forse è Osama Bin Laden e
forse no, e penso a come si sentiranno le migliaia di familiari delle
vittime delle due torri: saranno davvero sollevate nel vedere finalmente
morto uno dei principali responsabili della carneficina nella quale i loro
cari sono periti?
Mi auguro che un pò di sollievo ci sia, perchè è umano sentire odio verso
chi ci ha strappato dalle braccia e dalla vita chi amiamo. Ma chiunque abbia
perso una persona cara in modo violento per mano assassina sa che l'odio non
riporta indietro dalla morte.
C'è qualcosa che però cambia e di molto, a seconda di come l'umanità sceglie
di fronteggiare la violenza e l'ingiustizia.
Il presente e il futuro prendono una piega totalmente diversa se sono
costruiti a partire da una mozione di odio, di sangue, di vendetta, oppure
da una che sceglie il tribunale, la giustizia della legge, della parola e
non delle armi, e che rifiuta la logica dell'occhio per occhio.