mercoledì 27 aprile 2011

Cammina cammina...

Pubblico più che volentieri questo link trovato su Repubblica on line.

Con questo blog, e nel dire questo spero che i miei amici del Collettivo siano d'accordo, vogliamo far vedere che un'altra Italia è possibile!!!
Le parole dell'ideatore dell'iniziativa esprimono bene il mio/nostro pensiero:
"Non volevamo fare un incontro ma creare un vortice che potesse unire e unirsi ad altri vortici composti da gente che lavora ogni giorno per non far affondare il Paese. Volevamo mettere insieme persone che spesso sono separate. Per dire che in Italia c'è dell'altro, non c'è solo la politica costantemente sotto i riflettori e non c'è solo corruzione e gente costretta a farsi corrompere. Nonostante questa 'cappà che grava sulle nostre vite, ci sono, in ogni parte della penisola e in ogni sua piega, persone singole che non si fanno 'schiacciare'."

L'INIZIATIVA

'Cammina cammina' lungo il Belpaese
una carovana per ritrovare lo spirito d'Italia

Da Milano a Napoli. A tappe, a staffetta, e ognuno con i passi che si sente di fare. E' l'iniziativa che partirà il prossimo 20 maggio e alla quale tutti possono aderire. Lo scrittore Antonio Moresco: "Tutto sembra fermo, è l'ora di mettersi in cammino" di GIULIA CERINO

Milano-Pavia: 33,6 chilometri che, esclusa quell'ora di sosta per mangiare un panino lungo la strada, fanno 8 ore di cammino in tutto. "E se ce l'ha fatta anche uno vecchio e scassato come me, a maggior ragione ce la possono fare persone più giovani". Il 'vecchio e scassato' in questione è Antonio Moresco, classe 1947, scrittore italiano e vincitore del premio Andersen 2008.  Sabato 9 aprile è partito a piedi alle 8 di mattina con i colleghi Andrea Amerio, Tiziano Colombi, Giovanni Giovannetti dalla Cascina Cuccagna per testare la "sostenibilità" del tragitto della prima tappa del tour "cammina cammina" 1, un viaggio a piedi appunto, da Milano a Napoli, una 'gita' inedita, "agguerrita ma pacifica, nel 150° anniversario dell'Unità, per ricucire con i nostri passi un Paese che si vuole sempre più disunito e devastato".

sabato 23 aprile 2011

I.N.R.I.


Illustrazione di: J-ward
Ho trovato su Unimondo questo articolo che mi è piaciuto tantissimo... In attesa della Resurrezione
=Davide
La figura che irrompe sulla scena risulta - oggi come allora - misteriosa, quasi un alieno, o un idiota direbbe Dostoevskij, e lo si capisce dai travisamenti, dalla domanda ricorrente "chi è?" e dalla varietà delle risposte: figlio del carpentiere, nazareno, profeta, rabbì ... Persino riguardo all'accusa che lo trascina da un tribunale all'altro non c'è accordo: "che ha fatto di male?" e anche quando bisogna scrivere l'atto di condanna a morte - a giustificazione e ammonizione del popolo - si questiona.
"Gesù di Nazareth, Re dei Giudei (I.N.R.I.)" fa scrivere Pilato[1], sancendo per verità e sentenza la presunta autoproclamazione che i capi dei sacerdoti avevano abilmente costruito affinché il "braccio armato" dei romani eseguisse ciò che essi volevano.
Nell'interrogatorio, quando il governatore chiede all'imputato: "Sei un re, tu?" si sente rispondere: "Sono nato e venuto nel mondo per essere un testimone della verità, chi appartiene alla verità ascolta la mia voce" e, all'insistere di Pilato, "il mio regno non appartiene a questo mondo"[2]. Nelle due risposte consecutive c'è una contraddizione solo apparente; nella predicazione del Nazareno, nei tre brevi anni che coincidono con un viaggio da nord a sud della Palestina, da Nazareth a Gerusalemme, è costantemente presente questo binomio: verità e regalità. Qui sta l'attrito con la storia politica di "questo mondo", in cui potere e verità divergono.
Già in Galilea il dire di Gesù stupiva perché "insegnava come uno che ha autorità"[3]. E' sintomatico l'uso del termine. L'autorità è un potere di qualità particolare. Regge e guida, ma senza bisogno di spaventare e opprimere, di violenze e manipolazioni. Non conosce il "divide et impera", né maneggia quel divisore pervasivo che è il denaro. E' amore politico perchè crea unità senza togliere la libertà, porta la pace senza bombardamenti. Agisce ragionevolmente e motiva dall'interno le persone, si fa capire anzitutto dai bambini per la consonanza profonda fra il dire e l'essere.
Gesù di questa politica autorevole rimane un modello, lui che é arrivato a dire: "Io sono la verità"[4], a chiamare "suoi" coloro che "appartengono alla verità"[5], a farli pieni di speranza e di coraggio: "Il regno di Dio è in mezzo a voi"[6].

venerdì 15 aprile 2011

La vacanza del Collettivo!!

Il Collettivo giovani continua il suo percorso e questa volta si dà appuntamento nella meravigliosa Sicilia, terra di bellezze e contraddizioni...


Siamo più che felici di aprire l'invito a chiunque fosse interessato a partecipare, sulla locandina troverete il contatto a cui chiedere tutte le informazioni che vi passano per la testa...

Vi aspettiamo... perchè un'altra Italia è possibile!!!

martedì 12 aprile 2011

Ciao a tutti!!!

Finalmente sono arrivata anch'io sul nostro blog... meglio tardi che mai!

Volevo condividere con voi questo bell'articolo di Raniero La Valle.

Un abbraccio e a presto!

Eleonora

La proposta dei vescovi sui “problemi cruciali” é il “consolidamento di una democrazia governante”, vale a dire prevalenza dei poteri sui diritti, rafforzamento dell'esecutivo, sistema elettorale maggioritario, legge che regoli la democrazia interna ai partiti: ma i padri della Costituzione l'avevano respinta, allora che neutralità é?

La Chiesa non può essere “neutra” (al fianco del potere) quando il paese precipita nella disperazione

11-04-2011

di Raniero La Valle

C’è un caso serio che si è aperto nella Chiesa italiana e nella stessa comunità civile. È un’agenda di “problemi cruciali” e di cose da fare (detta “un’agenda di speranza per il futuro del Paese”) che è stata presentata dai vescovi a conclusione della recente Settimana Sociale dei cattolici tenutasi a Reggio Calabria. Che qualcuno si preoccupi di quel che ci sarebbe da fare in questo povero Paese per riaprire i cuori alla speranza è certamente una cosa positiva, come è positivo dire che tra le cose più ragionevoli e giuste da fare ci sia di accogliere gli stranieri. È motivo però di grande sconforto e allarme trovare che i “primi temi” indicati siano quelli attinenti al “consolidamento di una democrazia governante” (espressione che nell’attuale gergo politico indica la prevalenza dei poteri sui diritti) e che questi temi vengano identificati così: a) rafforzamento dell’esecutivo; b) sviluppo del federalismo; c) sistema elettorale maggioritario; d) bipolarismo; e) legge che disciplini la vita dei partiti e ne regoli la democrazia interna (ipotesi discussa, ma respinta, alla Costituente); e tutto ciò in una “forma di governance” che si preferisce definire “poliarchica” invece che democratica, con un richiamo non pertinente a Benedetto XVI che nell’enciclica “Caritas in veritate” usava sì il termine “poliarchico”, ma non per incoraggiare una frammentazione feudale dei poteri negli ordinamenti interni, bensì per sostenere una pluralità dei poteri sul piano internazionale, contro il mito di un unico governo mondiale e di un unico Impero.

In questo complesso di tesi e di programmi politici proposto ora dai vescovi è riconoscibile l’ideologia propria di un gruppo minore del Partito democratico vicino a Veltroni; ma la Chiesa che c’entra?

L’opzione che essa in tal modo propone all’Italia si presta in effetti a due gravi critiche, una nel merito, l’altra nel metodo.

Sul piano del merito la piattaforma politica avanzata dalla Conferenza episcopale sembra non tenere conto della drammaticità della situazione italiana, oggi dominata da un potere oltracotante e corruttore, che non viene mai nominato, grazie alla scelta indicata dal Rettore della Cattolica, Ornaghi, di fare un’analisi intenzionata a “restare neutra rispetto agli schieramenti politici”. Ora, nell’astrazione di un Paese assunto senza schieramenti politici, senza partiti, senza alcun giudizio sulle pratiche del governo in atto, sulle sue politiche e le sue leggi, l’idea della CEI è che sia “indilazionabile il completamento della transizione istituzionale”, nel senso indicato di una prevalenza dell’esecutivo, del maggioritario, del bipolarismo, del federalismo. Invece, sulla base dell’esperienza disastrosa dell’ultimo ventennio molti italiani pensano a un ripristino della rappresentanza, a una riabilitazione del Parlamento, a uno sviluppo del pluralismo delle culture politiche e dei partiti, e ad elezioni veritiere basate su un voto libero ed eguale. Siamo, certo, nell’opinabile. Ma rispetto ai fini specifici della Chiesa ragioni non troppo opinabili dovrebbero spingerla a opzioni opposte a quelle adottate: il bipolarismo, nella settaria versione italiana, ha rotto infatti l’unità spirituale del Paese, ha spronato a una legislazione e a provvedimenti amministrativi spietati contro la vita degli stranieri (anche quella nascente), ha seminato rancore ed odio, e lascia per cinque anni incontrollato il governo anche se decide guerra, politiche di impoverimento e nucleare. Inoltre, con la complicità del maggioritario, ha separato dalla politica il movimento cattolico ed esclude ogni forma di partecipazione autonoma dei cattolici alla competizione tra i partiti.

Sul piano del metodo la pronunzia ecclesiastica si presenta come fatta in nome di “noi tutti come Chiesa e come credenti, chiamati al grande compito di servire il bene comune dellacivitas italiana”; e benché formalmente il documento sia riconducibile al Comitato organizzatore della Settimana, esso è stato approvato dal Consiglio permanente della CEI, mentre lo stesso Comitato è un’articolazione permanente della Conferenza episcopale, presieduto com’è da un vescovo nominato da lei e incaricato com’è di monitorare il seguito da dare alla Settimana mettendosi in relazione, quasi come alto Direttorio, con “le diverse forme di presenza capillare dei cattolici nella società italiana”.

Il documento, come è proprio dei migliori documenti ecclesiastici, chiama a testimoni apostoli, evangelisti e profeti, fa appello al tesoro dell’attuale magistero pontificio ed episcopale, chiede conferma al Concilio, unisce cielo e terra, eucaristia e politica, si rivolge non a una parte, ma a tutti i cattolici e a tutti gli italiani, e parla in nome della fede. Ma in base a quale carisma sceglie tra l’una o l’altra legge elettorale e forma di governo, e in base a quale sussidiarietà si sostituisce, nel dettare l’agenda politica, alla responsabilità dei cattolici come cittadini, così come dei cittadini non cattolici?

Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.