lunedì 5 dicembre 2011

Occupy: una nuova maniera di agire!

di Teresa Mannuzzi (Il Journal- 03/11/11)

Quello che differenzia Occupy Wall Street da tutti gli altri movimenti che in questi anni si sono susseguiti per poi andare a morire nella memoria, è senza alcun dubbio il fatto che chi ha deciso di occupare Zuccotti Park non ha avanzato richieste, ma è riuscito a inventare delle nuove maniere per chiedere e farsi sentire.
Nell’articolo pubblicato su “TheAtlantic” , Evan Seliger e Thomas Seager, hanno provato a spiegare perché per alcuni potrebbe essere complicato comprendere il movimento di OWS.
Sostanzialmente la difficoltà di comprensione potrebbe derivare dalle diverse modalità di agire dei manifestanti che hanno messo in campo azioni e attività che mai erano state usate prima.
Quello che è riuscito poi a rendere gloriosa la protesta di N.Y. è stato soprattutto l’impatto emotivo che i manifestanti sono stati in grado di trasmettere. Le azioni collettive che hanno messo in campo erano guidate dall’etica e nei loro atteggiamenti sono riusciti davvero a realizzare, in parte e in piccolo, quello che richiedevano a livello più globale.

Move Your Money
Si tratta insomma di un movimento di natura del tutto nuova che riesce a parlare alle banche nella loro lingua anche con scelte di campo. Ad esempio il movimento offre la possibilitò di spostare i risparmi da una grande banca ad una più piccola non legata alla “macchina” di Wall Street . L’azione si chiama “Move Your Money” e potrebbe essere un simbolo, ma è un’azione che concretamente offre soluzioni alla crisi, senza far ricadere le conseguenze sui clienti.

Per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione c’è però bisogno di energie e i canti, le marce e i discorsi che sono stati realizzati hanno fatto leva sul sentimento della solidarietà e del gruppo ( WE are 99%, noi tutti noi, compreso tu che leggi). Anche se i ragazzi che manifestano per strada non hanno contratto mutui subprime, anche se non è successo a loro in prima persona di aver perso la casa, sono riusciti a creare un legame “sentimentale” con chi ha vissuto sulla propria pelle queste disgrazie. Questo ha rafforzato i legami sia interni al gruppo, sia con chi non era a manifestare.

I due professori hanno individuato i 5 punti fondamentali alla base di OWS

L’esperienza della catastrofe comune

La percezione dell’imminente catastrofe globale e collettiva ha fatto sì che molta gente si sentisse tirata in causa e cominciasse a pensare all’azione in maniera collettiva

L’ingiustizia
Il fallimento della bolla speculativa ha portato a pensare un sacrificio condiviso che molti devono pagare in maniera sproporzionata a causa di pochi.

La disperazione politica

La struttura politica corrotta e centralizzata con a capo una leadership gerarchica non è più riconosciuta come la migliore delle forme di politica possibile. Come alternativa OWS propone l’azione collettiva, volontaria, attiva e partecipata da parte degli stessi cittadini che discutono e lavorano assieme per risolvere i problemi.

Il senso di comunità
Il sentire comune è alla base della protesta. Quando i manifestanti dicono di essere il “99%” includono al loro interno anche i repubblicani, gli esponenti della destra più estremista e variegata. Grazie a questo modo di pensare molta gente si è sentita parte della protesta perché non essendo all’interno dell’1% doveva assolutamente far parte del 99.

Comunicazione efficace

Così come la struttura del movimento non è centralizzata anche la comunicazione non è stata delegata ad un solo mezzo, ad un unico canale. Anche la comunicazione è stata orizzontale e questo ha fatto sì che capillarmente raggiungesse tutto il mondo. Dunque non sono stati i social media a decretare la “vittoria morale” del movimento, ma la gestione della comunicazione che è passata anche dai social media. La nuova maniera di intendere la comunicazione ha permesso di distaccarsi dalle monolitiche strutture dei partiti del secolo scorso.

1 commento:

  1. Ne parlavamo giusto l'altro giorno durante la nostra conferenza Skype!
    Vi consiglio di leggere l'articolo intero su "The Atlantic"... è in inglese ma ne vale davvero la pena, sia per i contenuti, sia per l'allenamento a leggere e tradurre in inglese che non ci fa mai male! :P

    E sopratutto adattiamo questa riflessione al nostro collettivo... dicevamo che non sappiamo ancora definirci quando ci chiedono cos'è il collettivo...
    Sarà che anche noi siamo quella parte d'Italia, quel piccolo seme lanciato, che non sa ancora che fiore sarà, ma che sa che il seme ha grandi potenzialità?!
    Siamo quell'Italia, quella futura generazione, che creerà un nuovo sistema orizzontale di gestione delle decisioni, del bene pubblico, delle risorse, dell'ambiente?!

    Lancio qui e auspico in una forte partecipazione...Cosa è e cosa non è il Collettivo?!

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